Daniele Dal Boni cicloviaggiatore, autore del libro “Emozioni a pedali” e fondatore dell’omonimo gruppo Facebook ci racconta il suo percorso verso la scoperta di questo nuovo modo di spostarsi e di viaggiare.
Da quanto tempo usi la bicicletta? A quale scopo?
Ho iniziato 10 anni fa, a 35 anni, dopo essere riuscito a smettere di fumare come un pazzo (ho fumato 2,5 pacchetti al giorno per 16 anni). Ero un vecchio di 35 anni che non riusciva a fare un piano di scale senza fermarsi a metà a tossire. All’inizio giravo in mountain bike solo nel weekend e ne ho tratto immediatamente giovamento, mi sentivo sempre meglio. Ho provato a coinvolgere anche quella che allora era mia moglie con scarsi risultati, mentre ai miei figli piaceva. La grande, di 11 anni, desiderava scorazzare sempre di più, mentre il piccolo, di 5 anni, si divertiva a farsi trainare a tutta velocità con il trailgator. Il percorso preferito è sempre stato un 8 fra le ciclabili dei laghi di Varese e Comabbio, che ormai ho fatto diverse centinaia di volte.
Presto è iniziata l’avventura del bike to work e anche il portafogli ha migliorato l’umore.
A 5000 Km il ferraccio da supermercato che mi ero preso non aveva più nulla da dare, quindi ho preso la mia prima bici “seria”, sempre mountain bike front.
Facendo i miei soliti giri, con cardio, cadenzimetro e calcolatore di potenza con il cronometro sempre in mano, mi sono reso conto di volere altro, di voler vedere posti nuovi. Abituato ad andare al lavoro in bici e ai miei laghi partendo direttamente da casa, proprio non mi andava di caricare la bici in macchina, e poi anche i miei figli hanno perso l’interesse (il piccolo si era staccato dal trailgator e non era entusiasta di una bici tutta sua e la grande era nella fase della testa fra le nuvole). Da campeggiatore mi è nato un sogno che poteva stare solo nel cassetto: un giro in bici che impegnasse più giorni, sostando nei campeggi. Inutile, la famiglia non era interessata.
A 41 anni il fulmine: la separazione. Quel sogno era diventato troppo grande per il cassetto e ho iniziato a sperimentare e a prendere nota di tutto, successi, fallimenti, ma soprattutto emozioni, in un diario che mi ha accompagnato anche nelle prime avventure e nel 2017 ho deciso di pubblicarlo: “Emozioni a pedali” ed è nato anche il gruppo omonimo.
Sempre nel 2017 mi sono reso conto che la macchina occupava troppo spazio utile in garage e che comunque era sempre ferma a far nulla, tanto che ho deciso di disfarmene. Da allora mi muovo solo in bici, anche per fare la spesa (con carrello).
Nel 2019 mi sono concesso una bici più simile a me, un’ibrida da viaggio tipo gravel e mi sono dato al bikepacking. La fedele Bimba, arrivata a 16000 Km ha lasciato posto a Sparta, che ha già superato gli 11000 Km.
Questo brutto virus ha provato a fermarmi, mettendomi timore dei campeggi, ma io ho iniziato a girare in bivacco libero, con amaca e tarp e me ne sono innamorato subito, tanto che non lo abbandonerò, ma lo alternerò a strutture che permettano di lavarmi e di lavare i vestiti, in modo da poter superare la mia barriera temporale di 4 giorni (3 notti).
Ora per andare al lavoro faccio poco più di 26 Km al giorno e 900 m di dislivello positivo. A chi mi chiede chi me lo fa fare, rispondo sempre così: voglio continuare a sentire i complimenti concitati ogni volta che faccio una spirometria, perché lo so bene quanto sono stato stupido in passato. Sto facendo pace con il karma, vediamola così.
È difficile trovare percorsi ciclabili dove vivi?
Purtroppo chi disegna le ciclabili non va in bici, ne sono convinto. Troppo spesso bisogna vedersela con dissuasori che dissuadono anche i ciclisti, con auto parcheggiate sulla ciclabile, con “piste” lunghe poche centinaia di metri, vegetazione non curata che invade gli spazi, fondo danneggiato che talvolta può essere persino pericoloso.
Cosa manca per andare in sicurezza in bici?
Prima di tutto la cultura, da parte di tutti. Ci sono ciclisti che si sentono i padroni della strada e automobilisti che sono convinti di essere talmente bravi da poter guidare con una mano e un occhio, perché gli altri due sono dedicati al cellulare. Sarò di parte, ma i più prudenti che incrocio sono proprio cicloviaggiatori: li riconosco, mentre vanno al lavoro con una borsa floscia che non contiene nulla, ma da cui non riescono a staccarsi, con le luci, con il gilet riflettente e un saluto sempre pronto.
Che sensazione provi quando sei in bici?
Non una, ma tantissime! Prima di tutto mi sento vivo, ma questo l’ho già fatto capire. Mentre vado e torno dal lavoro mi sento responsabile, mi sembra di fare pace con la natura e di dargli una carezza, oppure medito su di un quesito o semplicemente libero la mente. I pedali sono ipnotici e terapeutici.
Ho sempre odiato fare la spesa, ma adesso è diventato un gioco. Durante i giretti di piacere mi posso sfogare liberando il massimo della potenza che ho a disposizione, posso perdermi nella bellezza del paesaggio, posso accettare la sfida dello spavaldo che mi vuole superare a tutti i costi, o posso essere io lo spavaldo! Posso gioire per un panino e una birra che mi sono portato a 50 Km da casa solo perché volevo pranzare proprio là (se la congeli, una lattina arriva fresca al punto giusto).
Durante i cicloviaggi mi sento libero e ho la sensazione che potrei fare tutto ciò che desidero. Nei ciclobivacchi libero la parte più istintiva e primordiale e scavo a fondo dentro me stesso tanto da tornare sempre con qualcosa in più. Credo che siano le stesse sensazioni che provano i pellegrini, tanto che a loro auguro sempre: “buon viaggio, dentro e fuori” e spesso mi hanno detto chiaramente di aver fatto centro.
Preferisci andare in bicicletta da solo o in compagnia?
Da solo, per tutta l’interiorità che ho esposto sopra e in compagnia per una bella scampagnata. Purtroppo, in assenza di ciclabili serie, una pedalata in gruppo dovrebbe essere una fila di solitari che si radunano solo nelle pause, pena creare il classico gruppone arrogante sulla strada.
Visto che mi sono dilungato, riassumo così:
Quando pedalo mi sento umile e grande;
La bici è libertà;
La libertà non è anarchia
Ciao!
Daniele